Profanateur!
“Profanateur”.
Così sussurravano i francesi di fronte all’opera del 1917 di Marcel Duchamp “Fontana”, un orinatoio sollevato dalla sua abituale funzione e posizionato nel sistema dell'arte. Un pensiero simile suscitò la controversa produzione del 1961- mai parola fu più appropriata - di Piero Manzoni. I due artisti, oggi conservati nei Musei di tutto il mondo, in fondo, stavano facendo un gioco pericoloso: stavano smembrando il concetto stesso di opera d’arte, fino a isolarne l’elemento chiave,l’artista. Solo tenendo ben presente questo concetto è possibile comprendere la portata della svolta di Arteconomy, una nuova forma di arte contemporanea, una provocazione di Five Gallery che spinge il punto dissacratorio un po’ più in là. Arrivando a superare persino il concetto di artista. Fulcro di Arteconomy è Continuity: a spiegarci il progetto e la corrente artistica in cui Continuity si inserisce è Andrea B. Del Guercio, direttore artistico di Five Gallery e storico dell'arte contemporanea. D: Professor Del Guercio, che senso va cercando Arteconomy? R: “L'attribuzione di valore artistico segue nella stagione moderna e contemporanea processi e variabili non più stabili, come avveniva per il patrimonio antico, ma in costante rinnovamento e tra frequenti contrasti di giudizio. Le trasformazioni del linguaggio, le diverse tecniche e procedure adottate, la contaminazione tra le culture scientifiche, tra cui quella economica, hanno condizionato il fare dell'arte e il giudizio estetico, coinvolgendo nuove figure professionali; nello specifico dello stato del collezionismo e più in generale del mercato dell'arte, assistiamo al coinvolgimento di inediti attori, attivi in contesti e tempi non sempre uniformi: molti si domandano preoccupati chi associa oggi un’opera a un valore? Chi fa le quotazioni, che pendono e incombono sugli artisti e sulla loro produzione? Possiamo riassumere che a condizionare il valore di un’opera sono le case d’asta, gli esperti, i curatori, i mercanti, ma anche le mode e le linee di tendenza dello star system; ma sappiamo anche che a volte, influisce sul prezzo persino un orologio o una coordinata geografica. Sto parlando, per intenderci, del fenomeno per cui la stessa opera può avere un valore differente se battuta alle 10 del mattino a Londra o alle 22 a New York. Meccanismi diversi e soluzioni spesso discutibili, mentre cifre astronomiche che si rincorrono fanno crescere il business dell'arte. All'interno di un processo della storia dell'arte e del suo stato di fruizione e di distribuzione si colloca Arteconomy." D: Arteconomy vuole spezzare questo meccanismo? R: “Sicuramente destabilizza un impianto tanto rigido, fondato su molte ombre, diverse ambiguità e poche certezze. Il Manifesto artistico, l'impianto teorico di Arteconomy, si basa sulla certezza del prezzo dell’opera, essendo stato determinato sulla base di un criterio mutuato dal mondo della finanza, da un sistema di regole attive nel quadro dell'economia reale”. D: Come funziona? R: Prendiamo in oggetto la modularità di produzione di Continuity: si tratta di un Ciclo in serie di quadri cm93x83 numerati e composti da fibra di carbonio riciclata, scarti di fabbrica trasformati e resi unici da un’apparecchiatura industriale ticinese di Manno. Il prodotto dell’economia industriale diventa arte non più per consonanze estetiche ma attraverso il processo di trasferimento e quindi l'elevazione verso il sistema sovrastrutturale dell'industria culturale; il manufatto assume i connotati dell'opera attraverso la cornice e la collocazione in galleria, quale luogo deputato alla fruizione dell'arte. Il passaggio successivo rispetto all'intuizione di Marcel Duchamp, secondo cui l'artista-Re Mida, avvalora, attraverso lo spostamento e la nomina, la natura di opera, è l'attribuzione, indipendentemente dal gesto dell'artista, di un valore economico al quadro. Ciò che accade in Arteconomy è questo: all’opera Continuity viene dato un valore a priori, diciamo 500 Frs per il primo esemplare, un prezzo che aumenta di 100 Frs per ogni esemplare successivo, aumentando quindi con costanza”. D: E poi cosa accade? R: “Indipendentemente rispetto a quanto accade nelle tradizionali teorie economiche, l’incremento di prezzo viene a coincidere con l’ “emozione incrementale”: l’emozione, non più solo estetica e culturale, ma neanche a scopo di solo investimento, scaturisce da questa continuità infinita, dal piacere di appartenere a una comunità accomunata dallo stesso progetto. All’emozione incrementale viene quindi attribuito il valore di 100 Frs che è pari all’incremento di prezzo per ogni opera venduta. Un evento nuovo nel sistema della fruizione dell'arte, indipendente dai processi creativi, autonomo rispetto alle leggi del mercato dell'arte, indicatore comunque dell'esperienza estetica quale componente della natura umana. D: Quali altre analogie vi sono col mondo della finanza? Al neologismo “emozione incrementale” già provocatoriamente coniato, affianchiamo il concetto di “(con)dividendo emozionale”. Tutti i collezionisti di Arteconomy costituiscono una community che in Arteconomy è vista come una società; e come in tutte le società che quando crescono producono utili e distribuiscono dividendi, anche Arteconomy distribuisce un dividendo o meglio un (con)dividendo emozionale pari al 10% del prezzo netto di vendita. D: È la prima volta che sento un concetto simile… Il ciclo che può essere spezzato? R: “Assolutamente no. Arteconomy è trasparente, in aperta contrapposizione con buona parte dei meccanismi alla base del mercato dell’arte, perciò è possibile acquistare i pezzi del ciclo Continuity solo in progressione aritmetica; se sul mercato c’è il numero 7, non posso comprare il 12. Solo così l’arte non diventa un bene capriccioso e pronto a piegarsi al volere di pochi privilegiati”. D: Un valore aggiunto? R: “Di più, un valore condiviso”. Andrea B. Del Guercio
E' Titolare della Cattedra di Storia dell'Arte Contemporanea, Accademia di Belle Arti di Brera Milano. Dal 2007 si occupa dei Sistemi di Accessibilità al collezionismo dell'arte contemporanea. |